Pubblichiamo il testo di Maria Dore, seconda classificata al concorso di idee.
Ti ho regalato il fiore dello zafferano; non sapevi di quelle distese colorate di viola sgargiante. L’ho puntato sui tuoi capelli intrecciandolo con il mio silenzio, affinché tu non ti accorgessi di nulla. Ti ho visto allontanarti verso la scogliera, guardare i grifoni che disegnavano spirali nel vento prima di approdare al nido, fra rocce inaccessibili. Mi hai cercato per il calore d’estate e il colore del mio mare, ma mi hai amato anche d’inverno, bruciando come i fuochi a Gennaio. Hai dipinto il tuo viso di nero e scandito i passi pesanti di una danza misteriosa, fra scintille di fuoco e bronzo; ti ho riconosciuto fra mille altri mentre tutto intorno risuonava il canto, gutturale, che scuoteva la terra di un brivido antico. Allora ho provato a rinchiuderti nella mia misteriosa torre di pietra, e parlarti nella mia lingua, per te straniera, così da non lasciarti andare più via, sicura che avresti capito. Ti ho raccontato dei Giganti di pietra bianca, che per secoli volsero lo sguardo verso il mare a guardia del Regno, prima di liberarti. Hai guardato per un’ultima volta i coralli che mi adornavano prima di lasciarmi. Dimmi, ora; hai ripensato al rumore del vento? E al sapore del mio vino, col quale hai accompagnato i versi di poeti e scrittori che mi hanno dato voce? Quelle parole salivano fino alla vetta della montagna dalla porta d’argento. Ti ci porterò, quando vorrai, perché sai, una volta sola, con me, non basta. E quando sarà di nuovo ti vestirò di sole e di velluto lucente, camminerai su un tappeto di salicornia e petali di fiori e sarà come se tu non sia mai andato via. Perché, lo hai capito: il segreto sta tutto nel tornare.